Per proporre alcune liti, l’amministratore ha bisogno della preventiva o successiva autorizzazione dell’assemblea.
In ambito condominiale, al termine del mandato, non è raro che restino delle pendenze con l’amministratore. Ad esempio, potrebbe trattarsi di alcune anticipazioni affrontate in nome e per conto del fabbricato oppure del compenso per l’opera professionale. Ebbene, In questi come in altri casi, in mancanza di ogni accordo sulla vicenda, l’ex amministratore, come qualsivoglia creditore, munito della prova del proprio diritto, potrebbe chiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo a carico del condominio.
È quanto è accaduto nella lite, appena culminata, dopo due gradi di giudizio, con la sentenza n. 1214 del 16 novembre 2022 della Corte di Appello di Torino. Tuttavia, durante il contenzioso, sia in prima che in seconda istanza, la questione principale affrontata non ha riguardato il merito del credito del vecchio amministratore, bensì la legittimazione processuale del nuovo.
Prima, però, di comprendere come gli uffici piemontesi hanno risolto tale problematica, come sempre, è opportuno approfondire il caso concreto.
Contestazione crediti vecchio amministratore e legittimazione processuale del nuovo: il caso concreto
Secondo la narrazione offerta dalla sentenza in commento, al termine del mandato, l’ex amministratrice di un condominio torinese aveva un credito nei confronti del fabbricato. Nello specifico si trattava del corrispettivo per l’opera professionale e di alcune anticipazioni effettuate per conto e nell’interesse dell’edificio. L’ammontare richiesto era di circa 7.500 euro, per i quali la ricorrente, non avendo avuto soddisfazione in via stragiudiziale, chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo.
Avverso tale provvedimento, il condominio, nella persona del nuovo amministratore, proponeva opposizione, contestando il merito del diritto della controparte nonché eccependo, in compensazione, un versamento già effettuato a favore della parte opposta.
Il Tribunale di Torino, però, decideva per il rigetto della domanda, confermando il decreto. Secondo l’ufficio piemontese, infatti, l’opposizione era inammissibile. L’amministratore del fabbricato non aveva alcuna legittimazione a proporre quest’azione legale.
Il conseguente appello era, quindi, proposto allo scopo di ribaltare il precedente verdetto. In tale sede, il nuovo amministratore evidenziava il verbale di assemblea, già prodotto in primo grado, in cui l’assemblea invitava il proprio rappresentante a rispondere, negativamente, alle istanze dell’ex mandatario ed a chiedere a questi, persino, un risarcimento. Secondo, quindi, la tesi dell’appellante, tale verbale era la prova che l’opposizione al decreto era stata avanzata in esecuzione della volontà assembleare.
Nonostante ciò, purtroppo per l’appellante, la Corte di Appello di Torino ha confermato l’inammissibilità dell’azione proposta.
La legittimazione processuale attiva dell’amministratore di condominio
Secondo il codice civile, l’amministratore di condominio può agire in giudizio contro i condòmini oppure verso terzi, nei limiti delle proprie attribuzioni attribuitegli dalla legge o dal regolamento comune <<Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi (art. 1131 cod. civ.).
In altri termini, quindi, ove la controversia dovesse riguardare una delle attribuzioni dell’amministratore, questi potrebbe procedere senza alcuna preventiva autorizzazione assembleare e/o una successiva ratifica, conferendo, altresì, la procura ad litem al difensore <<1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale di cui all’articolo 1130 bis e curare l’osservanza del regolamento di condominio; 2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; 3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni; 4) compiere gli atti conservativirelativi alle parti comuni dell’edificio (art. 1130 cod. civ.)>>.
Nel caso in commento, l’amministratore, senza alcuna esplicita autorizzazione, nemmeno sotto forma di successiva ratifica, aveva proposto opposizione a un decreto ingiuntivo emesso a carico del condominio per alcuni crediti del vecchio mandatario. Ebbene, tale lite poteva essere annoverata tra quelle rientranti nelle attribuzioni del rappresentante dell’edificio?
Vediamo come ha risposto la Corte di Appello di Torino.
Contestazione crediti vecchio amministratore e legittimazione processuale del nuovo: i presupposti
Per la Corte di Appello di Torino, nel solco della giurisprudenza della Cassazione, la lite avente ad oggetto dei crediti contestati del vecchio amministratore non rientra tra quelle per le quali, in ragione delle proprie attribuzioni, il nuovo mandatario può agire senza alcuna autorizzazione assembleare <<Una controversia riguardante i crediti, contestati, del precedente amministratore revocato non rientra tra quelle per le quali l’organo amministrativo può ritenersi autonomamente legittimato ad agire: tale principio di diritto è stato chiaramente affermato dalla Suprema Corte, con la sentenza C. Cass., Sez. 2, n. 2179 del 31 gennaio 2011, Rv. 616487 – 01>>. È per questo motivo, quindi, che l’opposizione proposta è stata dichiarata inammissibile.
L’ufficio piemontese ha, quindi, confermato che non c’era stata alcun’assemblea che aveva legittimato il nuovo amministratore. A tale riguardo, la riunione, in cui si invitava l’amministratore a replicare alle richieste stragiudiziali del rappresentante uscente, non poteva parificarsi ad un’autorizzazione a proporre la successiva opposizione.
Non era stata, nemmeno, rinvenuta una successiva ratifica dell’operato del mandatario <<ove si sia costituito in giudizio senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ottenere la necessaria espressa ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione (così C. Cass., SS.UU, sentenza n. 18331, del 6 agosto 2010, Rv. 614419 – 01)>>. Il rigetto dell’appello è stato, perciò, inevitabile.