Trasportato danneggiato senza cintura: chi paga?

Chi paga il risarcimento del trasportato danneggiato e quali sono le responsabilità se questi non indossava la cintura di sicurezza.

Nella casistica degli incidenti stradali, si annovera anche il caso del trasportato danneggiato. Si tratta, ad esempio, dell’amico seduto in macchina accanto a te e che, a seguito, di un tamponamento ha riportato lesioni al collo e alla bocca. Oppure sto parlando dell’amica che ti ha accompagnato a fare shopping e che si è fatta male nell’incidente verificatosi durante il tragitto.

In circostanze come questa, si pone la questione del risarcimento dei danni subiti dai tuoi accompagnatori e, a questo riguardo, vorrei chiarire un aspetto molto importante. Nel caso del trasportato danneggiato senza cintura: chi paga?

La domanda non è proposta casualmente, visto che sono frequenti le occasioni in cui il danno si verifica anche perché il trasportato non era correttamente seduto con la cintura allacciata. Bisogna, infatti, capire in che misura questa circostanza può condizionare il risarcimento e se, addirittura, può essere determinante, persino per escludere ogni diritto all’indennizzo. È necessario, altresì, chiarire l’eventuale responsabilità del conducente per averti condotto con sé, senza averti imposto la dovuta protezione.

Pertanto, potresti chiedere? Chi risarcisce il terzo trasportato? Il trasportato senza cintura di sicurezza ha diritto al risarcimento? Quali sono le responsabilità del conducente? Nel prosieguo della lettura risolverai i tuoi dubbi sull’argomento.

Terzo trasportato: a chi chiedere il risarcimento?

Per sapere chi paga il trasportato danneggiato che viaggiava senza cintura, bisogna, innanzitutto, consultare cosa dice la legge in materia. Quindi, devi sapere che il Codice delle assicurazioni dedica un articolo specifico all’argomento.

In particolare, è scritto che <<il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento. L’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile>> [1].

L’insieme delle regole appena descritte, tradotte in termini più semplici, comportano che:

  • l’amico, seduto accanto a te e che durante il trasporto ha subito lesioni a seguito dell’incidente accaduto, deve rivolgere la propria richiesta di risarcimento alla compagnia assicuratrice del veicolo su cui si trovava;
  • l’amica, che ti accompagnava a fare shopping e che si è fatta male nel sinistro verificatosi, se non ottiene alcun indennizzo in via amichevole dalla assicurazione della tua auto, ha diritto di fare causa alla medesima;
  • non è importante accertare la responsabilità dell’incidente. In tutti i casi, l’azione legale va rivolta verso la compagnia che assicurava la vettura sulla quale si trovava il trasportato;
  • l’assicurazione ha diritto di farsi rimborsare da quella del veicolo di proprietà del responsabile dell’incidente.

Il trasportato senza cintura: ha diritto al risarcimento?

I danni, che un trasportato può riportare per un tamponamento subito dalla vettura su cui si trovava oppure per un altro tipo d’incidente, possono essere, quanto meno, limitati indossando la cintura di sicurezza. Si tratta di una conclusione che, in base alla comune esperienza, è innegabile.

Appare, quindi, evidente che il trasportato, che non si protegge con la cintura, sia imprudente. Per questa ragione, nell’ipotesi di un sinistro stradale, secondo la pacifica opinione giurisprudenziale, ha diritto ad un risarcimento ridotto [2].

Infatti, egli ha contribuito al verificarsi di una precisa circostanza: la vettura è stata messa in circolazione in condizioni di insicurezza. Egli ha, altresì, accettato l’eventualità che, in caso di incidente, potesse verificarsi l’evento lesivo, altrimenti, evitabile. In termini tecnici, si dice che il trasportato ha cooperato, colposamente, nel fatto illecito. Per questa ragione il suo risarcimento non può essere escluso, ma va, opportunamente, ridotto.

Trasportato danneggiato senza cintura: responsabilità conducente

Si sta parlando di un incidente dove il trasportato si è fatto male. In particolare, è emerso che questi non indossava la cintura di sicurezza e, per questa, ragione lo si è reputato imprudente e cooperante nella produzione dell’evento lesivo. Per questa ragione, si afferma che ha diritto al risarcimento in misura ridotta.

Resta, pertanto, da capire quale ruolo e responsabilità possa avere il conducente dell’auto a bordo della quale si trovava il danneggiato.

Secondo alcuni, come titolare della vettura, aveva l’obbligo di imporre al trasportato di stare a bordo in condizioni di sicurezza. In altre parole, avrebbe dovuto costringere l’amico o l’amica di turno a indossare la cintura. Poiché non l’ha fatto, deve ritenersi esclusivo responsabile dell’accaduto.

Viceversa, la ricostruzione operata dalla Cassazione, anche nella sentenza appena citata, è del tutto differente. Gli Ermellini precisano che il conducente è colpevole per aver consentito di viaggiare nella sua auto in modo imprudente. Nel contempo aggiungono che è, evidente, che la condotta poco giudiziosa sia avvenuta col consenso del trasportato e in collaborazione con questi. Per i predetti motivi, il conducente non può essere considerato l’unico responsabile dei danni subiti dal trasportato senza cintura di sicurezza.

NOTE

[1] Art. 141 D.lvo 209/2005

[2] Cass. civ. ord. n. 11095 del 10.06.2020

Marciapiede rotto risarcimento

Il risarcimento per danni da caduta a causa di una buca stradale o di un marciapiede rotto. Presupposti e cause di esclusione

Camminare nelle nostre città si può rivelare molto pericoloso. Infatti, alla luce dello stato avanzato di degrado di strade e marciapiedi, sono molte le occasioni in cui un pedone potrebbe farsi male. Sono, pertanto frequenti le cadute ed altrettanto le circostanze in cui una persona si fa male. In questi casi, il cittadino ha diritto all’indennizzo? Se unitamente alla slogatura di una caviglia, nella caduta si rompono anche gli occhiali, si può avere il rimborso di tutti i danni? Se inciampi in un marciapiede rotto hai diritto al risarcimento?

La domanda potrebbe interessare molti lettori. Sono tanti gli episodi in cui la cattiva manutenzione delle strade pubbliche causa notevoli problemi ai pedoni. Accade, ripetutamente, che il cittadino cada, rovinosamente, per terra, con tutte le conseguenze del caso; una situazione inaccettabile e che costringe il malcapitato a rivolgersi al proprio Comune per essere indennizzato. Resta da capire se ciò sia possibile e a quali condizioni. Pertanto, le domande da porsi sono le seguenti: in caso di caduta determinata da un marciapiede rotto, ho sempre diritto al risarcimento? Quali sono i presupposti per avere un indennizzo a seguito di una caduta in una buca stradale? Se inciampo in un dislivello del marciapiede e mi faccio male, posso avere il rimborso delle spese mediche?

Il Comune è responsabile per buche e marciapiedi rotti?

Il Comune, cioè l’ente territoriale proprietario delle strade e dei marciapiedi, ha il dovere di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria di questi beni pubblici. Qualora un cittadino dovesse farsi male a causa di una buca stradale o di un dislivello dovrebbe, quindi, scattare inevitabile la responsabilità; si tratta, in particolare, di quella per i danni derivanti dalle cose in custodia [1].

Purtroppo, però, come avrai notato, ho usato il condizionale. Non è stata una coincidenza o un errore, poiché nelle azioni legali avanzate in questi casi, si frappone un ostacolo non di poco conto. La giurisprudenza della Cassazione, infatti, con atteggiamento decisamente favorevole agli enti territoriali ha, più volte, precisato che la cattiva manutenzione di un bene pubblico non è di per sé sufficiente ad avere il risarcimento dei danni derivanti da una caduta.

Buca visibile ed evitabile: il risarcimento

Con sentenze ripetute ed atteggiamento consolidato, la giurisprudenza ha affermato che un’insidia stradale visibile ed evitabile, impedisce di riconoscere qualsivoglia risarcimento. Non è importante, quindi, che il marciapiede era totalmente disastrato. Non è determinante se la strada era piena di buche. Se il pedone aveva la possibilità, con un po’ di attenzione, di aggirare il dislivello del marciapiede o di scansare la voragine presente, non può invocare alcuna responsabilità del Comune proprietario del bene. In questi casi, quindi, viene punita la presunta distrazione del cittadino, piuttosto che la pessima per non dire totalmente mancante manutenzione del luogo pubblico. Non ci credi? Ecco alcuni esempi

Buca in zona conosciuta: nessun risarcimento

Se cadi perché inciampi in una buca o in un marciapiede sconnesso, presenti in una strada del tuo circondario, non può invocare alcun risarcimento. Si tratta, infatti di un’insidia stradale che potevi serenamente evitare. Essendo, infatti, della zona difficilmente potrai negare che non ne eri a conoscenza. Per questa ragione si è trattato di un evento che, con maggiore attenzione, potevi impedire. Sei stato tu, quindi, con il tuo atteggiamento imprudente, a creare le condizioni della tua caduta rovinosa. È vero che il Comune dovrebbe provvedere alla manutenzione della strada. È anche noto, però, che con un minimo accorgimento, visto che già conoscevi la zona, avresti dovuto superare l’ostacolo.

Purtroppo, non si tratta di una considerazione personale. Sono, piuttosto, le conclusioni a cui si arriva a seguito di una delle tante sentenze espresse sull’argomento dalla Cassazione [2].

Dislivello marciapiede visibile: nessun risarcimento

Con una decisione di questi ultimi mesi [3], gli Ermellini hanno confermato che la possibilità per il pedone di prevedere l’evento lesivo sia determinante per escludere ogni possibilità di risarcimento ed ogni responsabilità per l’ente territoriale proprietario della strada o del marciapiede. Secondo i magistrati, in queste circostanze, il cittadino deve assumere determinate cautele e se, ad esempio, c’era spazio sufficiente per aggirare l’insidia, si deve concludere che non le abbia adottate.

Nel caso specifico, il dislivello del marciapiede in cui era inciampato il malcapitato pedone, risultava visibile a causa della <<diversa connotazione cromatica rispetto alla restante parte del marciapiede>>. Forse, se il cittadino fosse stato daltonico o ipovedente, avrebbe avuto maggiori possibilità di vincere la causa (sempreché non gli fosse stata imputata la responsabilità per non essere rimasto a casa).

A parte le battute, in quali casi, quindi per una caduta determinata da un marciapiede sconnesso o una buca stradale, il pedone ha diritto al risarcimento.

Buche e marciapiede rotto: quando hai diritto al risarcimento?

Hai visto che, per la giurisprudenza, la visibilità di una buca comporta che la stessa sia evitabile. Quando vedi il marciapiede rotto, infatti, puoi prevedere di inciamparci e quindi, lo aggiri. Se non lo fai sei stato imprudente e non puoi avere alcun risarcimento.

Alla luce di queste sono le conclusioni, l’unica possibilità di avere un indennizzo è data dall’imprevedibilità dell’evento. Ad esempio, quando la buca si manifesta sotto la pressione del piede poggiato per terra. Oppure, se il cordolo del marciapiede si stacca sotto il peso della persona che sta per attraversare la strada. In questi, come in altri casi analoghi, l’evento non era prevedibile, è stato improvviso e non era evitabile. L’insidia si è, infatti, manifestata contestualmente alla caduta e, quindi, il pedone non poteva certo evitarla.

Ricordati, infine, che per provare queste circostanze, sarà decisiva la testimonianza degli eventuali accompagnatori del danneggiato. Questi, infatti, dovranno ricordare l’accaduto e confermare che l’insidia stradale si è concretizzata contestualmente al passaggio nella pubblica via e senza che potesse essere evitata.

NOTE

[1] Art. 2051 cod. civ.

[2] Cass. civ. ord. n. 22417/2017

[3] Cass. civ. ord. n. 6403/2020

Animale affezione risarcimento

Il risarcimento del legame tra l’animale di affezione e il suo padrone in caso di perdita causata da una terzo. Motivi e modalità di calcolo del danno

Devi sapere che, nel nostro ordinamento giuridico, la possibilità di ottenere un risarcimento è, di regola, legata alla perdita di carattere patrimoniale. Ad esempio, quando viene danneggiata la tua cara e vecchia auto, magari in modo irreparabile, hai diritto al suo controvalore, aumentato dei costi necessari per l’intestazione di un altro veicolo; non certo puoi pretendere il danno morale. In altri termini, il fatto che fossi affezionato a questo oggetto non è un presupposto invocabile per ottenere un ristoro economico.

Tutto ciò vale anche a proposito del tuo amato cagnolino? Se a causa di una terza persona muore il tuo adorato gatto, questa è tenuta a risarcirti il danno derivante dalla perdita di questo rapporto affettivo? Se qualcuno smarrisce il tuo animale di affezione hai diritto al risarcimento?

La risposta alle tue domande arriva da un caso giudiziario che ha affrontato la questione. In particolare, si è trattata di una sentenza del Tribunale di Brescia dello scorso anno. Essa ha dovuto giudicare una domanda di risarcimento avanzata, anche, allo scopo di ottenere un indennizzo legato alla perdita affettiva patita dal padrone dell’animale. Non mi resta, pertanto, che approfondire quanto è accaduto. Potrebbe tornarti molto utile, se ti riconosci nelle circostanze che hanno caratterizzato l’evento in contestazione.

Animale affezione risarcimento: il caso

La vicenda sottoposta all’attenzione del Tribunale di Brescia, culminata con la sentenza n. 2841/2019, è stata caratterizzata dallo smarrimento di un cane. L’animale era stato affidato a un allevamento, affinché provvedesse al suo accoppiamento. Purtroppo era accaduto che il cane, secondo la versione dell’allevatore, fosse imprevedibilmente scappato, senza rispondere ai richiami e senza che lasciasse traccia di sé.

Il padrone, informato del fatto, aveva tentato di ritrovare il suo fedele quanto amato compagno. Purtroppo la ricerca era risultata vana, nonostante fosse andata avanti per molti giorni e con ogni mezzo a disposizione.

Per questa ragione, il titolare dell’animale aveva richiesto un risarcimento alla controparte a tre titoli diversi:

  • in ragione del valore economico del cane, considerando, anche, l’impossibilità di farlo accoppiare e di ricavare dalla vendita dei cuccioli una futura entrata economica;
  • alla luce delle spese affrontate per l’inutile tentativo di ritrovarlo;
  • in virtù del legame affettivo tra l’uomo e l’animale.

Ebbene, a seguito dell’istruttoria svoltasi in questo processo, il magistrato lombardo ha riconosciuto soltanto il ristoro delle spese per il vano recupero del cane e il risarcimento conseguenziale alla perdita affettiva. Non mi resta che spiegarti i presupposti e i motivi di questa decisione.

Legame cane padrone: è un bene della persona

La personalità di un essere umano e tutto ciò che contribuisce al suo legittimo e inviolabile sviluppo è garantita dalla nostra costituzione [1]. A questo proposito, anche il legame che si crea tra un uomo e il suo animale di affezione va tutelato ai sensi della predetta disposizione costituzionale. Secondo, infatti, il citato Tribunale, si tratta, al pari degli altri, di un bene della persona. Per questa ragione, nel momento in cui viene provato il rapporto affettivo tra il padrone e il proprio cane, allorquando lo stesso sia andato perso a causa di qualcuno, questi sarà tenuto al risarcimento. Per rappresentare la prova in questione possono essere sufficienti la relazione di uno psicologo così come la testimonianza di un medico che attesta lo stato di disagio a carico del padrone dopo l’evento.

La perdita di un animale di affezione non viene, quindi, considerata futile per le ragioni appena descritte. Essa va risarcita indipendentemente dal fatto che il responsabile non abbia commesso un reato ma soltanto un illecito civile; il legame in questione non può essere, minimamente, paragonato al rapporto che si può avere con un oggetto, per quanto caro alla nostra sensibilità [2]. È questa, dunque, la ragione fondamentale per cui la perdita di un animale di affezione contempla un risarcimento.

Animale affezione: come calcolare il risarcimento

Il valore del legame affettivo tra il padrone e il proprio animale di affezione non è quantificabile in base ad una tabella prevista dalla legge. Ciò, ad esempio, è possibile per le lesioni patite in un incidente d’auto, ma per il caso in esame non c’è alcuna alternativa alla quantificazione secondo equità.

In pratica, il giudice, chiamato a calcolare il risarcimento del danno, deve procedere ad un prudente accertamento della situazione, fondato sulle regole dell’esperienza comune. Ad esempio, per il Tribunale di Brescia è stato sufficiente considerare l’età del cane e la durata del rapporto con il proprio padrone. Dopodiché, ha calcolato in 4.000 euro il danno subito.

Per quanto riguarda, invece, il valore economico dell’animale di affezione, soprattutto quello legato agli eventuali proventi ricavabili dalla futura vendita dei piccoli, è consigliabile affrontare l’azione risarcitoria con degli elementi più oggettivi. Ad esempio, una certificazione medica che attesti lo stato di buona salute del cane poco prima della perdita; in aggiunta la documentazione che testimonia la vendita dei cuccioli avvenuta in passato e il ricavato di tale attività. In caso contrario, si rischia il rigetto di questa voce di danno, così come è avvenuto nel giudizio espresso dal Tribunale di Brescia.

NOTE

[1] Art. 2 Cost.

[2] Trib. di Vicenza sent. n. 24/2017